I miei libri


Benvenuti!


I miei libri


Il loro colore è il colore semplice e vivace dei fiori di campo,
il loro odore è quello che mi inebria l'anima,
il loro sapore è quello di un cibo sano che non sazia,
il rumore delle loro pagine è quello della mia curiosità,
di tutti quei libri che vorrei leggere, di tante cose che ancora non so.
Mentre leggo mi ascoltano..li ascolto,
mi parlano, sanno le parole che vorrei ascoltare,
ciò che mi piace e ciò che mi fa arrabbiare,
sono gli unici che sanno tutto di me,
e lo sanno perché ti fregano con una parola, una frase, un odore, un luogo.
Conoscono i miei pensieri, i miei desideri, le mie emozioni, le mie paure.
Sono amici fedeli perché non raccontano quello che sanno,
quando tutti vanno via, loro rimangono lì,
mi strizzzano un occhio ..e so già che non sono più sola.

giovedì 9 dicembre 2010

Qualche riflessione..



Sulla nostra lingua..

Questa mia breve riflessione nasce dalla lettura di qualche anno fa di questo saggio molto interessante dal titolo: “Italiano antico e nuovo” del noto linguista Gian Luigi Beccaria, in cui vengono trattate tematiche inerenti l’evoluzione della lingua italiana, che ritengo molto attuali e sulle quali a mio avviso vale la pena riflettere.
È da tanti anni che sentiamo parlare del timore, ormai diffuso, soprattutto da parte di insegnanti e linguisti, che il parlato stia prendendo il sopravvento sullo scritto.
Sono i media, nella maggior parte dei casi, che vengono imputati come i maggiori responsabili di questo cambiamento, in una società odierna sempre più in fermento e di “corsa”.
I più preoccupati sono gli insegnanti, anche se l’allarme arriva da vari fronti, che registrano, nelle prove scritte degli studenti, un linguaggio "colloquiale" che si avvicina molto al parlato.
Nell’introduzione a questo saggio davvero interessante il Prof. Beccaria scrive:
”L’evoluzione della lingua può essere messa in rapporto con quella della società. Non si possono analizzare costumi, gruppi sociali, relazioni reciproche senza una storia della lingua. Molti sociologi hanno domandato e domandano spesso qualcosa ai linguisti, perché la linguistica studia per lo più atti situati”( Italiano antico e nuovo, pag.10).
Apro una breve parentesi: in questo accenno che il Prof. Beccaria fa alla sociologia, come disciplina che si è rivolta più volte alla linguistica, non può non venirmi in mente il padre dell’etnometodologia, Harold Garfinkel, che a proposito del “particolare” studio del linguaggio, nell’ambito della sua ’”Analisi della conversazione”, usa proprio il termine “Indicalità”.
Garfinkel eredita proprio dalla tradizione linguistica questo termine, in linguistica infatti, quando si parla di indicali o deittici ci si riferisce a tutti quegli elementi connessi in modo indissolubile al momento e alla situazione enunciativa, sia in ordine di spazio che di tempo, naturalmente questa caratteristica viene poi estesa dagli etnometodologi a tutto l’agire sociale. Indicalità come caratteristica legata in modo indissolubile al contesto, tutto ciò che diciamo, sosteneva Garfinkel, ogni nostra affermazione, assume un significato che è “situato”, e che è dipendente dal contesto in cui viene espresso.
Ritornando alla nostra lingua , il suo cambiamento dunque riflette sicuramente i cambiamenti sociali, la sua vitalità è intimamente connessa ai cambiamenti e all’evoluzione dei contesti sociali.
Fermiamoci un po’ e pensiamo a come l’uso di pronomi come “egli”, “ella”, nel parlato, sia ormai tramontato, avendo ceduto il passo a pronomi come “lui”, “lei”, e ancora verbi come i congiuntivi sepolti da un indicativo sempre più “onnipresente”.
È un allarme giustificato?
Secondo il versante dei linguisti tra i quali il noto Prof. Beccaria, l’allarme non è così motivato:[ “Quanto alla mia posizione, dico subito che non sono con gli allarmisti, lodatori del buon tempo antico, dell’italiano “bello e appropriato”, e tantomeno sto coi populisti ai quali pare che la lingua italiana navighi oggi in acque favorevoli e a vele spiegate” pag. 12],optando invece per un connubio di norma e libertà, certamente l’oralità richiede meno norme, si può “tornare indietro”, ed è proprio l’assenza di norme, rispetto allo scritto, questa “anomia” a darci l’impressione che l’italiano non sia più una lingua ordinata, ma per usare una sua espressione «un guazzabuglio di usi».
Una delle cause va ricercata nel fatto che le nuove generazioni, immersi sempre più nelle nuove tecnologie, non hanno sperimentato un passaggio graduale da una cultura “scritta” ad una “parlata”, un esempio per tutti può essere rappresentato dalla lettera soppiantata dal telefonino.
La lingua non è un elemento statico, si accompagna ai cambiamenti sociali, è in continuo divenire, ed è proprio questa dinamicità, questo movimento, che conferisce ad essa vitalità e vivacità.
E ancora a questo proposito, mi viene in mente la distinzione del fondatore della linguistica moderna, lo strutturalista Ferdinand de Saussurre, che dovendo esprimere i cambiamenti della lingua si pronunciava così: definiva “langue” quella parte della lingua con tutti i suoi costrutti, il suo sistema di segni, la sua sintassi, le sue regole, e con “parole” l’atto linguistico, che è “individuale”, e “irripetibile”, il modo cioè in cui ognuno di noi costruisce il proprio italiano in base alla situazione comunicativa.
Io non posso che condividere il dispiacere e l’amarezza del Prof. Beccaria per la scomparsa dei congiuntivi, e che il compito della scuola, per quanto riguarda l’insegnamento della lingua, dovrebbe consistere in una giusta dose di regole e libertà nella norma, nel senso che la scuola dovrebbe promuovere l’insegnamento di una lingua che abbia coerenza, coesione in ciò che viene espresso e chiarezza, lasciando alla lingua quella giusta libertà, all’interno però di quelle norme che sono alla base, e necessarie, per un italiano sintatticamente corretto.
Ve ne consiglio la lettura, è un piccolo gioiello diviso in dieci capitoli che ci aiuta a riflettere sulla meravigliosa lingua italiana, ad “orientarci”, e accende la curiosità sulla nostra parola e su quella degli altri. Era questo l’intento del Prof. Beccaria, ci è riuscito benissimo in questo saggio piacevole da leggere, nonostante il tema complesso che affronta, e che in alcuni tratti troverete anche molto divertente.