Sullo sfondo la rivoluzione russa
durante il regno di Caterina II. Il protagonista del romanzo è l’alfiere Pëtr
Andréevič Grinëv, destinato ancor prima
della nascita alla carriera militare : “Mia madre era ancora incinta di
me, che io ero immatricolato nel reggimento [..]. Se contro ogni aspettativa
mia madre avesse generato una figlia, il babbo avrebbe comunicato là dove
bisognava la notizia della morte del sergente mai presentatosi”. Il giovane Pëtr viene assegnato alla fortezza di Belogorskaja dove presterà il suo servizio militare. Su insistenza del padre intraprende
il faticoso viaggio verso la guarnigione insieme al suo fidato
precettore Savél'ič. Durante la notte i due vengono
sorpresi da una violenta bufera e grazie
all’aiuto di un barbuto contadino - che in seguito si rivelerà essere il capo
dei ribelli Pugačëv, - riescono a mettersi in salvo e a ritrovare la
strada verso la fortezza.. Pëtr Andréevič Grinëv viene accolto dal capitano
Mironov, entra far parte della sua famiglia e
s’innamora della giovane figlia
Maša. È un amore corrisposto quello tra Pëtr e Maša anche se contrastato dal
giovane Švabrin, amico-nemico di Pëtr. Intanto l’avanzata dei rivoltosi è
sempre più pressante, Pugačëv dissemina
morte, uccide il capitano Mironov e sua
moglie, risparmiando solo il giovane
Grinëv. Accusato di tradimento l’ufficiale
Grinëv viene arrestato, ma l’intervento di Maša
cambierà la sorte degli eventi con la naturalezza e l’ingenuità che si riscontrano in una bella
fiaba a lieto fine.
È un romanzo semplice ma a tratti complesso, non è un romanzo
storico nel senso comune di questo termine, dobbiamo tenere ben presente la
grande raccolta di notizie e le fonti
storiche documentate, soprattutto quelle riferite alla storia di Pugačëv, forse è l’intreccio di più generi
letterari che si mescolano in atmosfere
cangianti, tra sogno e realtà.
I temi: la rivolta dei cosacchi,
la figura di Pugačëv,l’amore che s’insinua nelle vicende storiche con tutte le
caratteristiche di una fiaba, lo stile un po’ appesantito dall’uso di
idiomi russi, buona a mio avviso la descrizione dei freddi e malinconici paesaggi, della steppa.
La figlia del capitano,
pubblicato nel 1836 è un breve classico
di Puškin, considerato il
fondatore della lingua letteraria russa –
Questo ciò che scrisse Dostoevskij:
“Romanzo a tal punto ingenuo e non artificioso; come se in questo miracolo
l’arte fosse sparita, persa, giunta fino alla naturalezza” .
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