I miei libri


Benvenuti!


I miei libri


Il loro colore è il colore semplice e vivace dei fiori di campo,
il loro odore è quello che mi inebria l'anima,
il loro sapore è quello di un cibo sano che non sazia,
il rumore delle loro pagine è quello della mia curiosità,
di tutti quei libri che vorrei leggere, di tante cose che ancora non so.
Mentre leggo mi ascoltano..li ascolto,
mi parlano, sanno le parole che vorrei ascoltare,
ciò che mi piace e ciò che mi fa arrabbiare,
sono gli unici che sanno tutto di me,
e lo sanno perché ti fregano con una parola, una frase, un odore, un luogo.
Conoscono i miei pensieri, i miei desideri, le mie emozioni, le mie paure.
Sono amici fedeli perché non raccontano quello che sanno,
quando tutti vanno via, loro rimangono lì,
mi strizzzano un occhio ..e so già che non sono più sola.

giovedì 27 ottobre 2011

"Perturbamento" di Thomas Bernhard



Ho comprato questo libro attratta dal titolo, ma non avrei mai pensato di trovarmi a naufragare in un fiume di riflessioni incanalate e amalgamate in un’illuminante e potente scrittura.
L’inizio è semplice: un medico della Stiria (Austria), in una giornata di settembre porta con sé il proprio figlio in quello che è il suo abituale giro di visite ai pazienti. È da qui che inizia il nostro viaggio: i pazzi, i malati che il medico raggiunge nelle loro case, sono in realtà persone comuni che conducono una normalissima vita nella apparente tranquillità della campagna austriaca. Ma la natura è sinistra in questo testo, come una radiazione maligna emana malattia, morte, distruzione. Si parte dalla visita della moglie dell’oste, picchiata a morte dai suoi stessi clienti, al bambino caduto nel mastello dei maiali pieno di acqua bollente, fino al giovane artista storpio, che in preda alla pazzia riempie di scarabocchi i ritratti di famosi musicisti classici. E ancora, il maestro ingiustamente accusato di un reato condotto alla follia, la vista di un ammasso di uccelli strangolati perché qualcuno non sopporta i loro lamenti, e molte altre inquietanti situazioni. Il libro non ha una trama vera e propria, è un libro complesso, ma di facile lettura, non si torna indietro, non ci si sofferma sulle descrizioni, sulle evidenti contraddizioni, ci ho provato, ma il risultato non cambia, non fai in tempo ad afferrare un concetto che un altro ti travolge come un’onda.
Ad un certo punto nel testo si annulla qualsiasi elemento narrativo per dar spazio ad un lunghissimo monologo da parte del principe Sarau che vive nel castello di Hochgobernitz.
Un soliloquio di più di cento pagine, al quale padre e figlio assistono quasi ipnotizzati: “Per mio padre non era possibile andarsene. Anche a me però interessava moltissimo quello che il principe diceva”. E con la stessa attenzione e lo stesso rapimento rimaniamo anche noi, immobili, lì sulla pagina ad ascoltare il principe Sarau.
Sono tante le riflessioni che sono poi il motore del meccanismo ideato da Bernard, non solo il tema della morte, della solitudine, ma il rapporto arte/malattia, quello tra padre/figlio, l’eredità del passato, mediata dal patrimonio del principe, e la paura di un radicale cambiamento a opera del proprio figlio. Tutti i temi trattati in questo capolavoro sono finemente intervallati da considerazioni che spaziano dalla storia, alla filosofia, alla politica. Interesserà moltissimo anche noi quello che dice il principe “Se ascolti attentamente, sentirai che in ritmi pensati apposta per te, è sempre la tua storia che ti viene raccontata e che ti danno ad intendere”. Leggetelo, ne uscirete per(turbati) :-)

mercoledì 28 settembre 2011

"Doppio sogno" di Arthur Schnitzler



Ambientato nella Vienna d’inizio Novecento, “Doppio sogno” si permea di un alone di mistero in un altalenarsi di vicende tra l’onirico e il reale.
Fridolin, medico brillante, conduce una vita apparentemente tranquilla insieme alla moglie Albertine, fino a quando i due non cominciano a raccontarsi fantasie, sogni, desideri, mezze verità.
La storia si snoda in un lasso di tempo brevissimo, desiderio di trasgressione, tradimenti che non si verificano, una festa in maschera rimane l’episodio più importante di questo viaggio costellato da figure che perdono consistenza, in un susseguirsi di eventi al confine tra sogno e realtà.
Un universo affascinante, quanto pericoloso, da cui Fridolin viene irrimediabilmente attratto.
Per le strade di Vienna strani incontri notturni, creature che gli si offrono: prostitute, la figlia di un paziente defunto, la ragazza-bambina, e da queste si lascia trasportare verso un abisso sempre più ignoto, ma che alla fine non riesce mai a concretizzare in un tradimento, troppo presente il pensiero e l’immagine di Albertine nella sua mente, o forse è proprio lei che cerca in altre donne.
Sullo sfondo l’inizio di una crisi coniugale, che se da una parte li spinge verso emozioni forti, dall’altra li riconduce verso la tranquilla vita di una perfetta coppia borghese.
È impressionante come Schnitzler riesce a descrivere i pensieri più intimi dei personaggi, è un continuo scavare nei meandri dell’Io, evidenziandone le contraddizioni, i problemi, il non detto, la ricerca della verità in un rapporto di coppia.
Molti i rimandi freudiani (Schnitzler contemporaneo di Freud).
Definirei geniale la capacità dell’autore di investigare l’animo umano, mescolando magistralmente elementi apparentemente non complessi servendosi di uno stile letterario molto alto.
È una sensazione strana quella che rimane addosso quando si arriva alla fine del libro, i dubbi ti assalgono, viene da chiedersi : “Ma quel ballo in maschera era un sogno o realtà? E i racconti di Albertine?
Una frase del finale che mi ha affascinato particolarmente: «E nessun sogno» disse egli con un leggero sospiro «è interamente un sogno».
Il libro ha ispirato il film Eyes Wide Schut con Tom Cruise e Nicole Kidman, regia di Stanley Kubrick..molto bello anche il film anche se non completamente fedele al testo!:-)

giovedì 23 giugno 2011

"Neve" Maxence Fermine



È quella di una fiaba l’atmosfera che si respira leggendo questo libricino, al centro Yuko Akita, che contro le tradizioni della propria famiglia sceglie di diventare poeta , una poesia fatta di pochi versi, poche sillabe: gli haiku.
La neve simbolo di purezza, la poesia stessa che s’incarna in questa immagine fresca, limpida , pulita, come appunto lo è la neve, ma per essere perfetta la poesia di Yuko ha bisogno anche dei colori, di essere “sporcata”, Yuko deve imparare a colorare i suoi versi. Per imparare tutto questo, il nostro giovane poeta partirà verso il sud del Giappone alla ricerca di Soseki, un anziano maestro conoscitore dell’arte assoluta. Durante il viaggio, l’apparizione di una giovane donna nuda, imprigionata sotto il ghiaccio, cambierà per sempre la sua vita.
Cosa manca a Yuko per essere un vero poeta? Per far sì che la sua poesia sia completa? egli deve diventare funambolo, sì funambolo della parola.
Magia, sogno, semplicità, trasparenza, si rincorrono in una delicata danza di parole, e ci fanno compagnia in questa fiaba senza tempo.. un fiocco di neve delicato oserei dire. Un viaggio di musica e poesia.. grazie Anna Lisa..per avermi regalato queste immagini:-)

mercoledì 22 giugno 2011

"La contessa di ricotta" di Milena Agus



Una narrazione semplice quella che ci propone Milena Agus, uno spaccato di realtà quotidiane, oggetti, persone, luoghi, ad un certo punto prendono vita in questo piccolo libro, il tutto sapientemente rimescolato e raccontato dall’autrice con una scrittura ironica, fresca, pulita.
La storia di tre sorelle: Maddalena, Noemi e l’ultima chiamata appunto la “contessa di ricotta” per via del suo carattere, perché “Tenis is manus de arrescottu – ha le mani e il cuore di ricotta, sogna l’amore”, la realtà turba il suo animo sensibile e il suo cuore, anch’esso di ricotta.
Entriamo nel loro mondo, nelle loro vite, che si dipanano negli appartamenti di un nobiliare palazzo seicentesco nel centro di Cagliari, un po’ fatiscente . Percorriamo i vicoli, ne percepiamo gli odori, i rumori, tutta l’anima di un quartiere dove i vicini sanno sempre ciò che succede, dove le vicende umane si dispiegano in un andirivieni, in realtà non sappiamo molto dei personaggi e delle loro storie. Un conciso tessuto narrativo che non dà vita ad un vero e proprio romanzo, ma pur nella sua brevità ne cogliamo ugualmente la completezza, quel tanto che serve per delinearci chiaramente i tratti salienti dei personaggi e delle loro vicende. Si legge davvero tutto d’un fiato: insuccessi, gioie, delusioni, complicità, ma anche una celata riflessione sull’amore.

martedì 10 maggio 2011

"Le notti bianche" F. Dostoevskij



Protagonista delle notti bianche è un sognatore, una singolare figura avvolta dalla “tangibile" evanescenza che pervade tutto il romanzo. Si nutre di fantasie, suggestioni, che se da un lato lo “proteggono" dalle sofferenze del mondo, dall’altro gli impediscono quel contatto vero con la vita di tutti i giorni.
Il sognatore vive dei propri ricordi: “Sapete che in alcune date fisse visito quei posti che in passato mi hanno reso felice, che amo costruire il mio presente sulla base di un passato irrevocabile, che spesso vago come un’ombra senza scopo e senza meta, triste, per le tortuose vie di Pietroburgo?”
L’incontro con la dolce Nasten’ka gli farà assaporare, anche se per poche ore, la pienezza della vita, Nasten’ka sarà il tramite, il canale di comunicazione con la realtà “esterna”, un anelato incontro che, in fondo al cuore, ha sempre sperato potesse vivere: ”In fondo tutti i giovani sono come te. Vivono di sogni, illusioni, fantasticherie, vivono nella segreta speranza che un incontro possa cambiare la loro vita”.
Tra i due nasce una tenera complicità, si confidano le loro paure, si scambiano dolci promesse, Nasten’ka parla volentieri delle sue pene d’amore, abbandonata dal proprio amato, ma che lei continua ad aspettare.
Il nostro sognatore s' innamora..
Accade qualcosa, l’illusione manca, la luce svanisce:”Cadeva la pioggia, batteva malinconica sui vetri della mia finestra. La mia piccola stanza era avvolta dall’oscurità, e anche fuori era buio”, ed ecco che la realtà appare in tutta la sua crudeltà, ma il sognatore, grazie alla sua natura generosa, non può che considera re una grande fortuna quei momenti felici, quei pochi istanti luminosi regalati al suo cuore durante le notti bianche..e che ricorderà come i momenti più veri della sua esistenza.

domenica 27 marzo 2011

"E disse" di Erri De Luca


Dall’estro e dall’innata eleganza della sua penna nasce “E disse”
Un canto, un inno..
De Luca ci presenta Mosè , l’uomo e il prescelto, definito come “Il primo alpinista”:
”Il vento gli arruffava i capelli e sgomberava i pensieri. Con l’ultimo passo di salita toccava l’estremità dove la terra smette e inizia il cielo[..]Era di quelli che afferrano una frase dove gli altri intendono un chiasso”.

La storia, le peripezie, gli affanni di un popolo e di un uomo, investito dal difficile compito di condurlo in una nuova terra, ma anche un uomo fra gli uomini: “L’annuncio di una residenza nuova, predicato dal loro profeta, aveva questa formula d’invito:Terra che ha mestruo di latte e di miele. Era promessa di abbondanza legata al verbo della fertilità femminile, del loro ciclo”.

Quello che mi colpisce di questo autore è la sua grazia, la straordinaria capacità di evocare suoni, luoghi..il dono di condensare un concetto, anche in una sola parola che unita ad un’altra si ammanta di un significato profondo che arriva dolce e prepotente, ti sorprende, e ti spiazza!
L’oppressione di un popolo, temi tremendamente attuali.
Senti le grida di libertà, di speranza, di riscatto..e tutto ciò scorre in questo libro con l’impeto dell’acqua, come fuoco e grandine..promessa di latte e miele..nelle vene di un popolo.

domenica 20 marzo 2011

"La cura" di Hermann Hesse


Vi propongo un viaggio a Baden, insieme ad Hermann Hesse:-)

Due settimane in una stazione termale dove un non più giovane Hesse si reca per problemi reumatici, le cosiddette “malattie del ricambio” è cosi che le chiama.
Solo un filosofo acuto, preciso come Hesse, poteva prendere a pretesto dei problemi fisici per indagare con “occhio cosmico” non solo il suo sé, ma tutto ciò che lo circonda.
Hesse che parla di Hesse, Hesse che indaga e scruta Hesse.
Vi sorprenderà la sua ironica serietà, la sua attenta analisi, la sua onestà, la sue maliziose verità, le sue inquietudini, il suo “odio” nei confronti dell’Olandese, suo vicino di stanza, che non lo lascia concentrare sui suoi fogli, sui suoi libri, non lo lascia solo..nell’intimità dei suoi pensieri.
E vi sorprenderà ancora di più la delusione e il dolore dello scrittore Hesse, quando l’olandese l’indomani lascerà l’albergo di Baden, proprio nel momento in cui lui comincia ad amarlo:
“ Amare qualcosa per un poeta, significa accoglierla nella propria fantasia, riscaldarvela e coccolarvela, giocarci insieme, compenetrarla della propria anima, vivificarla col proprio alito. Così feci con il mio nemico, finché egli mi appartenne e fu dentro di me [..] l’olandese partì e ridiventò il mio vincitore, lasciandomi stranamente deluso, perché ormai non sapevo più quale uso fare del mio amore e della mia inattaccabilità, conquistati a così caro prezzo”.
Hesse ormai ci ha abituati ai suoi interrogativi, ai suoi viaggi, al suo scandagliare l’animo umano, la messa a fuoco sull’uomo.
“La cura” che diventa scoramento, introspezione, miglioramento, sguardo retrospettivo, rinascita.
La riflessione finale:
Siamo materia e spirito, l’uno e il molteplice, due poli che si completano, sogno e realtà, non si può essere una cosa sola, dobbiamo nutrire sia la carne che lo spirito, la dicotomia dell’essere umano in due entità non necessariamente in antitesi ma complementari, oserei dire ciò che tieni in equilibrio l’acrobata sul “filo” della vita.
E ci parla ancora Hesse:
“Vorrei trovare un’espressione per la duplicità del mondo, vorrei scrivere capitoli e frasi in cui melodia e antimelodia apparissero contemporaneamente, in cui al molteplice si affiancasse sempre l’unitario, al faceto il serio. Per me, infatti, la vita consiste nel fluttuare tra due poli, nell’andare e venire tra i due pilastri -base del mondo”.
“La cura”: un vivido serbatoio della sua saggezza..per gli amanti di Hesse:-)
Buona lettura:-)

giovedì 10 marzo 2011

"L'abbraccio" di David Grossman


Non ho resistito a questo piccolo grande libro..è di una dolcezza infinita..
l'abbraccio.. momento tangibile per "esperire" l'altro, l'altro da sé..per sentirsi parte di un mondo..per non sentirsi soli.."proprio per questo hanno inventato l'abbraccio":-)

mercoledì 9 febbraio 2011

"Marianna Sirca" Grazia Deledda






Sullo sfondo della Serra nuorese, di una foresta ridente e foglie lacrimanti..tra il vento e la voce della tanca, animata dai canti degli usignoli, si dipana la tormentata storia d’amore tra la possidente Marianna Sirca e il bandito Simone Sole.
Troppi diversi, troppo distanti i loro mondi, la padrona e il servo, anche se entrambi servi, entrambi prigionieri.
La determinazione di Marianna,la volontà di dichiararsi finalmente libera,padrona della propria vita, delle sue scelte, anche nell’abisso della sua solitudine.
E poi l’amore forte per Simone che non torna, ma lei “Lo sapeva, che sarebbe tornato, e si accorgeva che era rimasta lì sulla soglia ad aspettarlo”, forse per sempre.
Nel buio della sua stanza chiudeva forte gli occhi Marianna, per non piangere, ricordando le parole di Simone: ”Una donna che ama un uomo come me non deve piangere[..] e le pareva di avere un legaccio ai polsi, una catena ai piedi.[..]Questo era dunque l’amore: affanno nascosto nel più profondo del cuore”, dolce e doloroso, quell’amore che Marianna non aveva mai provato.
La Deledda fa uso di un linguaggio vero, ci offre la pittura di un quadro vivo, che pulsa, di un grande affresco, e nello scavare nelle paure e nei pensieri più intimi dei protagonisti, e nella descrizione dei luoghi, dei paesaggi, una tavolozza e un innesto di colori che conferiscono al romanzo quel giusto tocco poetico.
La malinconia, forse la visione pessimistica di un destino al quale non si può sfuggire.

domenica 23 gennaio 2011

"Montedidio" Erri De Luca


Un romanzo che spiazza, profondo, acuto, essenziale..sarò breve, ho paura di sciuparne l’incanto.

La storia ci viene raccontata dal protagonista, un ragazzino tredicenne cresciuto troppo in fretta, e in fretta conosce il lavoro, il dolore, l’ammore quello con due “emme”.
Lavora da Mast’Errico, un falegname che ospita nella propria bottega anche un calzolaio ebreo dai capelli rossi e gli occhi verdi, più verdi delle pietruzze di zolfo che si trovano alla solfatara di Pozzuoli, “ Di più, [..], tengono la luce delle lacrime, lo zolfo no”. Lo chiamano Don Rafaniello, personaggio singolare con il quale il ragazzo avrà un rapporto speciale.
Il tutto raccontato con la semplicità e l’innocenza degli occhi di un adolescente, sotto la giacca porta un “Bumeràn”, un pezzo di legno che gli dà calore, è vivo, ne sente le vibrazioni, i battiti, rappresenta la speranza, la forza dei suoi muscoli in crescita, la spinta ad andare avanti.
Si allena tutti i giorni per lanciarlo forte, dal punto più alto di Montedidio , un quartiere di Napoli, il posto migliore per lanciarlo è dove si stende il bucato, su ai lavotoi, è quello il punto più alto di Montedidio, dove l’aria è fresca e sa di scaglie di sapone.
Il linguaggio è scorrevole, poetico, delicato e potente, si insinua nei rivoli più profondi, e diventa un fiume in piena, non puoi fermarlo, a tratti ti porta il freddo, un freddo pungente, a tratti una dolcezza infinita, una felicità povera e un tepore che vorresti non ti abbandonasse.
Sì, io la chiamo una felicità “povera”, vera, la sola che vuoi, quella che all’improvviso ti viene a mancare per l’assenza della persona più dolce della casa.
La casa è vuota, la cucina è zitta e ..”macino un po’ di caffè per babbo, per fare un mio rumore”, per coprire un silenzio che è un dolore, che neanche i botti di fine anno, gli schiamazzi dei bambini, e il chiasso di un dialetto passionale come il napoletano, riescono a mettere in fuga.
Su qualche frase ti fermi, pensi un po’..poi ricominci..la musica ti rapisce..ti riprendi la magia!
Fatevi questo regalo!
Buona lettura!