Nel ricordo di una grande poetessa
Lunedì 1 Novembre 2010
Pianto dei poeti
Ruba a qualcuno la tua forsennata stanchezza
o gemma che trapassi il suono
col tuo respiro l'ombra che sta ferma
di fronte ad un porto di paura
quel trascendere il mito
come se fosse forzatamente azzurro
o chi senza abbandono
che non sanno che il pianto dei poeti
è solo canto.
Canto rubato al vecchio del portone
rubato al remo del rematore
alla ruota dell'ultimo carro
o pianto di ginestra
dove fioriva l'amatore immoto
dalle turbe angosciose di declino
io sono l'acqua che si genuflette
davanti alla montagna del tuo amore.
(Alda Merini)
È veramente incredibile come una sola parola ci possa proiettare indietro negli anni facendo affiorare tanti ricordi..leggendo questa bellisisma e commovente poesia della Merini, alla parola ginestra immancabilmente la mia mente va indietro..la parola ginestra evoca nella mia mente, come nella mente di tanti, "La Ginestra" più famosa dei nostri anni scolastici: quella di Giacomo Leopardi.
Potrei dire che per me la parola "ginestra" in questo frangente assume una funzione "metaletteraria".
La Ginestra (o fiore del deserto) è una lunghissima lirica che Leopardi scrisse nel 1836 a Torre del Greco (NA), ma venne pubblicata postuma nel 1845.
Una riflessione sull'uomo e il suo tormentato rapporto con la natura, ma anche sul mondo, sulla poesia.
Se da una parte si richiama ad una sorta di solidarietà degli uomini in un accorato invito ad unirsi in una lotta eterna contro il vero nemico:la Natura
(ricordiamo tutti i celeberrimi versi "O natura, o natura perchè non rendi poi quel che prometti allor?Perchè di tanto inganni i figli tuoi?" di "A Silvia"), dall'altra, su un terreno così arido come il Vesuvio, "l'odorata" ginestra riesce ad abbarbicarsi con forza alle sue pendici, con tenacia riesce a soppravvivere. La ginestra dunque, icona dell'uomo che accetta il suo destino, un uomo in eterna lotta contro una natura matrigna, consapevole però della sue debolezze, della sua infelicità..solo così può erigere la sua dignità.
Vi propongo l'incipit
Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor né fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
De' tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna de' mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
(G.Leopardi)
Un Pensiero mi è venuto in mente oggi -
Che avevo già avuto -
Ma non si era concluso - tempo fa -
Non potrei precisare l'Anno -
Né dove sia andato - né perché sia venuto
Per la seconda volta da me -
Né con certezza, cosa fosse -
Avrei l'Arte di dire -
Ma da qualche parte - nell'Anima - so -
Che ho già incontrato questa Cosa -
Me l'ha fatta ricordare - ecco tutto -
E non è più venuto dalle mie parti -
(Emily Dickinson)
E il giallo solare della ginestra di Leopardi mi porta al giallo dei “limoni” di una delle più belle poesie di un altro grandissimo e mio amato poeta:Eugenio Montale
“I Limoni” è un componimento scritto tra il 1921/22, che fa parte della nota raccolta Ossi di Seppia del 1925, appartiene alla sezione Movimenti, e dopo l'introduzione “In limine”, “I limoni” rappresentano il testo di apertura di questa grande opera.
La poesia di Montale sceglie gli oggetti del mondo quotidiano, ma è chiaro il rifiuto di andare oltre, l’odore del limone che rimane a terra resta il simbolo della poesia. Il poeta per Montale è colui che non si avventura mai ad andare oltre, non vuole staccarsi da terra.
Teorico di una poesia del negativo, Montale non crede nella possibilità della parola di creare un mondo nuovo, questa possibilità dell’andare oltre è vista come un evento straordinario, la Verità dunque è un punto dove non si arriva. Il limone è l’emblema della luce che dovrebbe dare un senso al mondo, la poesia stessa..il loro profumo: la spinta alla ricerca di un superamento.
I luoghi sono quelli della sua terra, il paesaggio ligure, e dai luoghi aridi e disseccati giungiamo in un orto, dove solo i limoni rappresentano la poesia.
In tutta la lirica troviamo la ricerca di un lessico prezioso nel descrivere i suoni di una natura dove, ad un certo punto, si ha la sensazione che si possa oltrepassare l’apparenza..uno slancio, ma questa tensione dura molto poco, l’unica possibilità è la speranza di una frattura, un momento, un anello che non tiene:
“[..] talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.[..]”
Ve la propongo in tutta la sua bellezza
“I limoni”
Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall'azzurro:
più chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell'aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest'odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l'odore dei limoni.
Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s'abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d'intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno più languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.
Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta
il tedio dell'inverno sulle case,
la luce si fa avara - amara l'anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d'oro della solarità.
(E.Montale)
"Il nostro tempo"
RispondiEliminaOgni verso una verità, una suggestione, un invito a riflettere. E in ogni verso dettagli del quotidiano assurgono ad elementi rivelatori di una realtà dolce-amara.
Davvero splendida la similitudine del tempo imprendibile come una palla sospinta dal vento! Molto significativa la chiusa: la quercia "griderà che il nostro era un bel tempo". Conclusione semplice, intensa, profonda, che sa di nostalgia e di cose perdute.
Assunta carissima, il tuo tocco poetico, al contempo delicato e vigoroso, mi affascina; ogni tua parola si insinua prepotente in me, parla al mio cuore e conquista la mia anima.
Grazie Elda..hai colto tanti elementi essenziali :-)
RispondiEliminaE ne ho omessi altri... tutti splendidi ed essenziali! Ad esempio le ore, i giorni, i mesi, gli anni, che danzano come "una ballerina esperta" e la domanda irrisolta ed irrisolvibile: "... dove finiranno le nostre voci -
RispondiEliminal’eco delle nostre risate -
i rumori dei nostri passi.".
Non ci sono parole, se non le tue.
Grazie, amica carissima dall'essenza poetica!
Grazie a te Elda ..per le tue belle parole :-)
RispondiElimina“Prigioniera di un sogno” di Assunta Fiorito.
RispondiEliminaDavvero magnifica questa poesia che profuma di struggente nostalgia e sa di memoria, di natura incontaminata, di profondo amore filiale.
Ho gustato e assaporato pienamente ogni verso, rivivendo col cuore le prepotenti emozioni che l’autrice ha saputo sapientemente comunicare con toni delicati e preziosi dettagli volutamente semplici.
“e i nidi dormono" = questo verso, nella sua suggestiva brevità, mi fa letteralmente impazzire!
“Conosco questo vento
che alita aria dolce di camomilla,
e l’eco di una voce di madre
si dissolve abbracciando
l’ombra di un sambuco.”
Non ho parole per la splendida strofa sopra riportata!
Troppo dolce, troppo profonda, troppo evocativa, troppo intimamente sofferta...
"... questo vento
che alita aria dolce di camomilla"
teneramente m’incanta e magicamente mi suggestiona, facendomi odorare i profumi della terra calabra!
"Nell’aria, il sospiro
ancora tiepido
del sogno
riempie una lacrima
che dilaga in un ricordo!"
Qui ho sognato "di mio"... e sono dilagati i miei ricordi nel "sospiro ancora tiepido del sogno"!
Gli elementi dell'ultima strofa (battito d'ali, fruscio, becco) così semplici e quotidiani fanno mirabilmente da contraccolpo alla "zampata" finale di estrema raffinatezza:
"mi regala semi di libertà..
solitari, come diamanti!"
Questa poesia mi si è impressa nel cuore, lasciandomi nelle nari un intenso profumo di camomilla, negli occhi la stradina con la lucertola a due code, nelle orecchie "l’eco di una voce di madre".