I miei libri


Benvenuti!


I miei libri


Il loro colore è il colore semplice e vivace dei fiori di campo,
il loro odore è quello che mi inebria l'anima,
il loro sapore è quello di un cibo sano che non sazia,
il rumore delle loro pagine è quello della mia curiosità,
di tutti quei libri che vorrei leggere, di tante cose che ancora non so.
Mentre leggo mi ascoltano..li ascolto,
mi parlano, sanno le parole che vorrei ascoltare,
ciò che mi piace e ciò che mi fa arrabbiare,
sono gli unici che sanno tutto di me,
e lo sanno perché ti fregano con una parola, una frase, un odore, un luogo.
Conoscono i miei pensieri, i miei desideri, le mie emozioni, le mie paure.
Sono amici fedeli perché non raccontano quello che sanno,
quando tutti vanno via, loro rimangono lì,
mi strizzzano un occhio ..e so già che non sono più sola.

martedì 19 giugno 2012

"I Fisici " di Friedrich Dürrenmatt

Voglio presentarvi un interessante testo teatrale di un autore svizzero "I Fisici" di Friedrich Dürrenmatt
Teatro della vicenda è il salotto del sanatorio privato Les Cerisiers , ed è proprio da questo spazio della villa che non ci allontaneremo mai nella “messa in scena” di questa commedia in due atti.
I fatti: un certo Möbius, fisico nucleare, è in possesso della “formula universale di tutte le invenzioni possibili” e per scongiurare il pericolo che le sue ricerche finiscano nelle mani sbagliate si fa internare fingendosi pazzo, l’unico modo secondo Möbius per salvaguardare l’umanità intera dalla distruzione: ”Ci sono dei rischi che non bisogna correre, mai. E uno di questi è la distruzione dell’umanità. Sappiamo benissimo quel che fa il mondo con le armi che gli son già date al giorno d’oggi, e che cosa combinerebbe con le armi che le mie scoperte rendono possibili possiamo immaginarcelo”. Möbius non è solo in questa “commedia” a recitare un copione, si fingono pazzi insieme a lui Herbert Georg Beutler che dice di essere Newton ed Ernst Heinrich Ernesti che si presenta come Albert Einstein.
La commedia inizia con l’omicidio di un’infermiera nel salotto della casa di cura gestita dalla dottoressa Mathilde von Zahnd con tanto di commissario di polizia, agenti ecc.ecc.
Si conosce già da subito il responsabile di questo delitto: è Einstein, che suona indisturbato il violino nella sua stanza mentre commissario e agenti sono in salotto per i rilevamenti del caso.
Ma qual è il movente?
Il tema centrale affrontato da Dürrenmatt è il ruolo e la responsabilità dello scienziato nella società moderna “Il contenuto della fisica riguarda i fisici, ma i suoi effetti riguardano tutti”. Da che parte devono schierarsi gli scienziati?
È una commedia ricca di colpi di scena dal finale inaspettato, i tre fisici dunque non sono pazzi, recitano, sono dei bravi attori, ma oltre a loro chi è la misteriosa figura che è a conoscenza del loro segreto e della loro identità? Alla fine chi otterrà la “formula delle formule”? E gli omicidi fanno anch’essi parte di un piano prestabilito?
Un’allegoria della nostra condizione nell’era nucleare, dove elementi tragici e grotteschi, magistralmente miscelati, non possono che farci riflettere su un tema così importante per il genere umano.

venerdì 15 giugno 2012

"La figlia del capitano" di Aleksandr Sergeevič Puškin


Sullo sfondo la rivoluzione russa durante il regno di Caterina II. Il protagonista del romanzo è l’alfiere Pëtr Andréevič Grinëv, destinato ancor prima  della nascita alla carriera militare : “Mia madre era ancora incinta di me, che io ero immatricolato nel reggimento [..]. Se contro ogni aspettativa mia madre avesse generato una figlia, il babbo avrebbe comunicato là dove bisognava la notizia della morte del sergente mai presentatosi”. Il giovane Pëtr viene assegnato alla fortezza di Belogorskaja  dove presterà il suo servizio  militare. Su insistenza del padre intraprende il faticoso viaggio verso la guarnigione  insieme al  suo fidato  precettore Savél'ič. Durante la notte   i due vengono sorpresi da una violenta bufera  e grazie all’aiuto  di un  barbuto contadino  - che in seguito si rivelerà essere il capo dei ribelli  Pugačëv, -  riescono a mettersi in salvo e a ritrovare la strada verso la fortezza.. Pëtr Andréevič Grinëv viene accolto dal capitano Mironov, entra far parte della sua famiglia e  s’innamora della  giovane figlia Maša. È un amore corrisposto quello tra Pëtr e Maša anche se contrastato dal giovane Švabrin, amico-nemico di Pëtr. Intanto l’avanzata dei rivoltosi è sempre più pressante, Pugačëv  dissemina morte, uccide il capitano Mironov  e sua moglie, risparmiando  solo il giovane Grinëv. Accusato di tradimento  l’ufficiale Grinëv viene arrestato, ma l’intervento di Maša  cambierà la sorte degli eventi   con la naturalezza  e l’ingenuità che si riscontrano in una bella fiaba a lieto fine. 
È un romanzo semplice  ma a tratti complesso, non è un romanzo storico nel senso comune di questo termine, dobbiamo tenere ben presente la grande raccolta di notizie e  le fonti storiche documentate, soprattutto quelle riferite alla storia  di Pugačëv, forse è l’intreccio di più generi letterari che si mescolano in atmosfere  cangianti,  tra sogno  e realtà.
I temi: la rivolta dei cosacchi, la figura di Pugačëv,l’amore che s’insinua nelle vicende storiche con tutte le caratteristiche di una fiaba, lo stile un po’ appesantito dall’uso di idiomi  russi, buona a mio avviso  la descrizione dei  freddi  e malinconici paesaggi, della steppa.
La figlia del capitano, pubblicato nel 1836 è un breve classico  di Puškin, considerato il fondatore della lingua letteraria russa –  Questo ciò che scrisse Dostoevskij: “Romanzo a tal punto ingenuo e non artificioso; come se in questo miracolo l’arte fosse sparita, persa, giunta fino alla naturalezza” .

giovedì 7 giugno 2012

“La recita di Bolzano “ di Sándor Márai

È il personaggio di Giacomo Casanova, magistralmente plasmato e anche imbruttito, a dare a Márai gli strumenti per entrare nel mare burrascoso dell’animo umano ed indagarne le diverse condizioni. Un Casanova strambo, goffo, quasi grottesco che dopo la fuga dal carcere dei Piombi di Venezia fa tappa a Bolzano per alcuni giorni, la stessa città in cui vive Francesca, il suo (forse) unico amore , ora moglie del Conte di Parma. Ma chi è l’ospite che una sera viene a fargli visita alla Locanda del Cerco dove lui alloggia? Chi ha già letto qualcos’altro di Márai conoscerà anche la potenza dei suoi straordinari monologhi, la sua bravura nello stabilire con il lettore quella tensione narrativa che ci induce ad andare avanti nella lettura, con la curiosità e la fretta di scoprire un qualcosa, un qualcosa che muta, qualcosa che cambia in continuazione, come le situazioni a cui assiste il lettore. Le parole di Márai così incisive e appuntite, anche se a tratti ripetitive, sanno dove andare a colpire, e in quest’opera ci tengono incollati alla poltrona di un teatro per assistere alla rappresentazione dell’Uomo, del sé, dietro la sua maschera. I personaggi , apparentemente “tranquilli” irrompono sulla scena, e piano piano l’autore comincia a scavare fino a toccare i meandri più oscuri e segreti dell’animo, personaggi sempre in “movimento” alla ricerca di un qualcosa mai pienamente definito. Da una parte l’egoismo più cieco, dall’altra l’amore fino all’annullamento del proprio sé, la solitudine, il tema del passato, il ritorno. Aleggia sempre nei testi di Márai un qualcosa di incompiuto, di sospeso, portato in alcuni passi del libro quasi ad una resa dei conti, ma che alla fine non riesce mai a compiersi, come la chiusa dei suoi libri che rimane sempre aperta in attesa di un qualcos’altro. Mi sono chiesta il perché di tutto questo, il significato, e alla fine l’ho (quasi) trovato mutuandolo da una frase di questo libro: Forse “perché se si aspetta qualcosa vuol dire che si è vivi”.

venerdì 1 giugno 2012

Stoner di Jhon Williams

Chi è Stoner? William Stoner è un ragazzo di campagna che nel 1910 si iscrive all’Università del Missouri e diventa professore, dedicando all’insegnamento una vita intera. Una storia come tante, ma in questo libro quella che al primo impatto sembrerebbe una storia ordinaria assume i contorni di qualcosa di straordinario, quell’atto di straordinarietà che difficilmente si intravede nello scorrere naturale e routinario della vita quotidiana. Della trama non vi dirò quasi nulla, o forse ho già detto troppo; per la semplicità potrebbe non incuriosirvi, e se è pur vero che la trama di questo libro è semplice, i fili dell’ordito sono molto intricati, attorcigliano piano piano il tessuto narrativo che insieme concorrono a formare, rendendolo complesso e difficile da dipanare. Stoner è il libro di tutta una vita, la vita di un uomo virtuoso, sì forse incapace di grandi slanci, ma un uomo che crede fermamente che essere se stesso sia molto più importante della facciata, delle apparenze. Potrei dirvi che è un libro dalla sensibilità toccante, una storia di solitudine, un’opera delicata e pura dove dolore, malinconia e tragedia umana si mescolano; e potrei ancora dirvi che questo testo è un intreccio di riflessioni sul tema dell’educazione, l’istruzione universitaria, l’incomunicabilità di una coppia, o quella tra genitori e figli, il faccia a faccia con il mal di vivere. Tutta questa materia sullo sfondo di un’America fra le due guerre. Quante cose si potrebbero dire? ma forse anche questo è poco, perché fra queste pagine, fra l’inchiostro di questi caratteri c’è molto di più. Ho visto Stoner seduto con la testa china sui suoi adorati libri, e ne ho compreso ogni suo pensiero. L’ho osservato camminare sempre più curvo e stanco tra i corridoi dell’università, ero lì accanto a lui quando guardava fuori il giardino illuminato dal sole con i suoi occhi grigi e infossati, e avrei voluto quasi consolarlo, e gli ho voluto bene! Non ho condivo la sua inerzia, la sua rassegnazione davanti all’isteria della moglie Edith, o quando si trattava della sua felicità o quella della figlia Grace, perché lui era uno che si accontentava di una felicità “ di tanto in tanto”. Ma come si fa a non avere simpatia per uno come lui, così come è impossibile non avere antipatia per Edith o per Lomax,suo collega. Come si fa a non chiamarlo amico? forse perché a tanti di noi William Stoner ricorderà un vecchio professore un po’ burbero ma leale, o forse più semplicemente lo sentiamo familiare perché in fondo anche pensandoci lontani ed estranei alla sua vita, un po’di Stoner abita da qualche parte in ognuno di noi. Stoner si è guadagnato il posto fra i libri più importanti finora letti, e nonostante l’ordinarietà della storia, ritengo sia un autentico capolavoro, un classico, che in punta di piedi e con grazia si sporge fino a toccare la parte più intima del nostro animo, lasciando una traccia indelebile.